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Anche le tartarughe sono in grado di formare gerarchie sociali ed è così che competono per il cibo, per il partner e per il territorio. A dimostrarlo uno studio dei ricercatori dell’Unità per la Conservazione della Biodiversità del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università di Milano-Bicocca.

Le ricerche hanno riguardato lo studio del comportamento di alcuni esemplari di tartaruga palustre europea, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica “Animals”.

Le tartarughe sono state studiate durante la fase di allevamento in condizioni controllate, attuata per ridurne drasticamente la mortalità post-natale in natura, nell’ambito di un progetto di reintroduzione della specie nel Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone (Lecco), dopo la sua estinzione locale avvenuta presumibilmente circa un secolo fa.

I ricercatori hanno osservato l’insorgere di diversi comportamenti sociali tra le giovani tartarughe. Durante la somministrazione di cibo, gli studiosi hanno registrato tentativi di morso sia alla testa sia alla coda e anche delle simulazioni di monta, che negli animali non ancora maturi sessualmente assume un significato diverso da quello riproduttivo.

Analizzando numero e tipologia di comportamento, i ricercatori hanno dimostrato che a partire da circa due mesi di età, le giovani tartarughe sono in grado di stabilire una vera e propria struttura gerarchica, con individui dominanti e individui sottomessi, come accade in diverse specie di uccelli e mammiferi. Una volta formate, le gerarchie sembrano rimanere stabili nel tempo, nonostante le differenze di rango siano risultate poco marcate, ovvero le tartarughe sottomesse hanno mostrato comunque la possibilità di vincere uno scontro contro una tartaruga dominante.

Lo studio ha dimostrato anche che, a differenza di quanto accade in molte specie di mammiferi, la posizione sociale delle giovani tartarughe non sembra essere determinata dalla loro dimensione corporea. Infatti, anche le tartarughe più piccole, ma con un carattere più aggressivo, possono dominare quelle grandi.

La tartaruga palustre europea subisce da diversi decenni gli effetti negativi della perdita di ambienti naturali e dell’introduzione di specie alloctone e in molte zone del nostro territorio è scomparsa.

I progetti di reintroduzione permettono, quindi, di ripristinare le popolazioni originarie e di sensibilizzare la popolazione su diversi aspetti legati alla conservazione della fauna. Questi progetti spesso prevedono una fase di allevamento delle tartarughe neonate per permettere loro di accrescere velocemente e superare indenni la prima fase di vita, in cui sono più vulnerabili.

«Che le tartarughe siano in grado di stabilire delle strutture sociali non è solo un contributo alla conoscenza della vita di questi affascinanti rettili – spiega Luciano Bani, docente di zoologia di Milano-Bicocca – ma ha anche un importante risvolto pratico che deve essere preso in considerazione durante l’allevamento di tartarughe per ridurre le interazioni aggressive e garantire uno stato di salute e un accrescimento ottimali agli animali coinvolti in progetti che prevedano l’allevamento in condizioni controllate. La prossima sfida per i ricercatori prevede lo studio dei comportamenti sociali in un ambiente naturale, come nello stagno nel Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, dove le tartarughe sono state rilasciate con successo e in salute nell’estate del 2018».

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