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È la specie animale più vicina all’Homo sapiens, con una corrispondenza genetica di più del 98%; è “minacciata” di estinzione e il declino delle sue popolazioni non sembra arrestarsi, soprattutto perché l’espansione umana sta determinando un’incontrollata frammentazione delle foreste equatoriali africane. Eppure sugli scimpanzé, l’era che gli scienziati hanno ribattezzato “Antropocene” non sta causando solo perdite numeriche e impoverimento genetico ma è destinata a compromettere un’altra grande capacità per cui questa specie è seconda solo all’uomo: la trasmissione culturale. Individuare ed utilizzare strumenti per risolvere problemi complessi, trasmettere informazioni, apprendere e innovare: tutto questo dipende dalla possibilità di accedere alle risorse naturali, ma cosa accade quando queste vengono compromesse dallo sfruttamento?
“Una ricerca pubblicata su ‘Science’ nel marzo di quest’anno – spiega Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca e conservazione del Parco Natura Viva – stabilisce che le popolazioni di scimpanzé presenti in aree ad alto impatto antropico diminuiscono dell’88% la manifestazione dei propri comportamenti “culturali” rispetto agli abitanti di zone meno disturbate. Costruire il proprio nido, estrarre e cibarsi di termiti, auto medicarsi grazie al riconoscimento e l’impiego di piante specifiche: sono solo alcuni degli oltre 30 comportamenti codificati dagli scienziati a far parte delle tradizioni culturali degli scimpanzé, possibili grazie all’apprendimento sociale degli individui della colonia e ai diversi “adattamenti” riscontrati in popolazioni geograficamente lontane”.
Anche uno studio sulla colonia di scimpanzé del Parco Natura Viva, pubblicato su “Animal Cognition” testimonia che questi primati trasmettono gli uni agli altri non solo la competenza, ma anche modalità diverse di utilizzo delle piante medicinali.
“I presupposti – conclude Spiezio – sono dunque l’utilizzo delle risorse naturali e l’opportunità di apprendere nuove competenze dagli altri. Ma se il consumo di suolo in Africa aumenta fino a determinare un tasso di scomparsa per le grandi scimmie che varia dal 2.5 al 6% ogni anno, la degradazione riduce sempre di più le dimensione delle popolazioni e ne impedisce la dispersione”. Così, dalla Guinea al Congo, non c’è popolazione di scimpanzé nelle condizioni di poter difendere la propria evoluzione culturale. Anche se la ricerca di “Science” termina proponendo di inserire nei programmi di conservazione di questa specie anche i loro “siti culturali”, cosicché – come accade anche per gli oranghi e le balene – il loro sapere non vada perso per sempre.

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