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Uno studio condotto da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche degli Istituti di Scienze marine e di Geoscienze e georisorse, pubblicato su “Science of the Total Environment”, spiega i fenomeni osservati in Laguna di Venezia durante il lockdown, analizzando le diverse componenti in grado di influenzare la torbidità dell’acqua. Fra queste, la riduzione del moto ondoso conseguente alla contrazione del traffico acqueo nei canali di Venezia e della Laguna, l’assenza di precipitazioni sul bacino scolante, la stagionalità del ciclo di crescita del fitoplancton e l’assenza di moto ondoso indotto dal vento. Inoltre, in questo periodo, nel centro storico ha inciso anche la diminuzione della quantità di scarichi urbani dovuta alla mancanza del carico turistico che di solito invade la città in maniera pressoché continua.

“L’analisi delle immagini satellitari Sentinel-2 del programma europeo Copernicus ha evidenziato i cambiamenti avvenuti, tra i quali la riduzione del traffico acqueo e della torbidità intorno alla città e nelle direttrici più critiche all’interno della Laguna, come ad esempio i canali che collegano Venezia con l’aeroporto e le isole minori”, spiega Federica Braga del Cnr-Ismar. “Contemporaneamente, si osservano gli impatti dovuti alle attività essenziali che sono proseguite durante il lockdown, quali la pesca dei molluschi sui bassi fondali e il passaggio delle navi commerciali nel canale industriale Malamocco-Marghera”.

L’assenza della pressione antropica sull’ambiente sta dando ai ricercatori l’opportunità di osservare e studiare i processi naturali che condizionano la qualità dell’acqua e di valutare l’impatto delle attività umane negli ecosistemi costieri. “L’elevata trasparenza dell’acqua, riportata dai media a metà marzo e quantificata dai risultati di questo studio, è considerata dai ricercatori una condizione temporanea legata alla combinazione di fattori naturali stagionali e agli effetti delle restrizioni per il contenimento dell’epidemia di Covid-19”, conclude Zaggia del Cnr-Igg.

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