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L’Università di Trento in team con velisti, surfisti, sub e pescatori. Per la prima volta ricercatori e ricercatrici dell’Ateneo fanno leva sulla conoscenza della gente del luogo e descrivono con un modello numerico fenomeni come il trasporto di detriti nel lago di Garda durante le piene e una corrente superficiale che si sviluppa lungo la costa orientale del lago.

È stato ricostruito anche il rovesciamento di una barca avvenuto durante una burrasca. Lo studio, che è il risultato di un processo collettivo, ha avuto eco a seguito della pubblicazione sulla rivista scientifica internazionale “Science of the Total Environment”

Passerà soprattutto dalla valorizzazione del territorio la riuscita della prossima stagione turistica. Ne è convinto chi opera nel settore. In queste settimane in tutta Italia si stanno elaborando proposte nuove. Nell’estate, in cui si dovrà convivere con il Coronavirus, turismo di massa e manifestazioni di grande richiamo dovranno lasciare il posto a ferie all’insegna della sicurezza e della sostenibilità.
Anche l’offerta e la fruizione turistica del Garda dovranno essere declinate in questi termini. Con il vantaggio, però, di non partire da zero, ma da un’attenzione già diffusa per l’ambiente. Ne è conferma la ricerca sulle correnti del lago condotta dall’Università di Trento con il coinvolgimento della comunità locale. Partendo dalla conoscenza della gente, per la prima volta ricercatori e ricercatrici hanno descritto con un modello matematico fenomeni come il trasporto di detriti a seguito di eventi di piena e il “Corif”, una corrente superficiale che si sviluppa lungo la costa orientale grazie alla spinta dell’Ora del Garda. È stata ricostruita, inoltre, la vicenda di una barca che si era rovesciata il 6 agosto 2017 nella parte settentrionale ed era stata ritrovata due giorni dopo alla deriva a decine di chilometri di distanza. Lo studio ha avuto eco grazie alla pubblicazione sulla rivista internazionale “Science of the Total Environment”.
«L’articolo si distingue da molti altri perché è centrato sulla collaborazione tra ricercatori e utenti del lago, un tema inusuale nella routine dei lavori scientifici. È stato un progetto di cittadinanza» commenta Marco Toffolon dell’Università di Trento, professore di Idraulica al Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica dell’Ateneo e coordinatore dello studio.
Riprende: «È la dimostrazione che le conoscenze degli utenti del lago possono dare un contributo significativo alla ricerca scientifica. Nel complesso sistema ambientale del Garda, oggetto d’interesse per studiosi internazionali e per la comunità locale, la ricerca deve essere sempre più un processo collettivo, in cui ricercatori e cittadini siano protagonisti e al contempo destinatari dei risultati ottenuti».
Il lavoro nasce dalle tesi di due giovani dell’Università di Trento. Infatti, il contributo della conoscenza locale alla modellazione idrodinamica del lago di Garda è stato dapprima analizzato da Giuliano Morini nella sua tesi di laurea magistrale in Ingegneria per l’ambiente e il territorio e poi approfondito da Marina Amadori nella sua tesi di dottorato in Ingegneria civile, ambientale e meccanica.
Il team descrive così l’esperienza: «Ci siamo imbarcati in una raccolta dati non convenzionale, fatta di interviste, aneddoti, mappe tracciate assieme. I protagonisti sono stati velisti, surfisti, sub, pescatori, la squadra nautica del Corpo dei Vigili del fuoco permanenti di Trento, piloti dei traghetti e tecnici dell’Agenzia provinciale per la protezione ambientale. A loro è stato chiesto di raccontare ciò che sapevano su venti, correnti superficiali e profonde, trasporto di oggetti galleggianti (tronchi, boe, barche), eventi curiosi ed eccezionali. Le informazioni raccolte sono state confrontate con i risultati di un modello numerico tridimensionale del lago di Garda, messo a punto dallo stesso gruppo di ricerca in collaborazione con l’Università di Utrecht (Paesi Bassi) e in grado di simulare le correnti del lago».
Dal confronto – raccontano – è emersa un’ottima corrispondenza tra i risultati del modello numerico e i fenomeni osservati nella realtà.
Fanno qualche esempio: «È stato possibile riprodurre una corrente ben nota a velisti e pescatori (“Corif”, in dialetto gardesano). Il trasporto di detriti e materiale vegetale è stato interpretato grazie al modello matematico e correlato all’azione combinata del vento e della rotazione terrestre, che induce un movimento verso la costa sud-occidentale al mattino e verso nord-est nel corso del pomeriggio. Infine, sono stati ricostruiti il rovesciamento di una barca nel corso di una burrasca e il suo successivo ritrovamento, a partire dai racconti dei Vigili del fuoco e da elementi di cronaca apparsi sulla stampa locale nell’estate del 2017».
I risultati della ricerca contribuiscono alla descrizione delle correnti del Garda e si inseriscono nel più ampio contesto di uno studio sistematico dell’idrodinamica del lago che l’Università di Trento porta avanti da anni assieme a numerosi partner italiani e stranieri.
L’articolo, dal titolo “Involving citizens in hydrodynamic research: A combined local knowledge – numerical experiment on Lake Garda, Italy”, è stato scritto per la rivista “Science of The Total Environment” da Marina Amadori, Giuliano Morini e Marco Toffolon dell’Università di Trento e Sebastiano Piccolroaz dell’Università di Utrecht.

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