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I cambiamenti climatici hanno un impatto sugli ecosistemi, e hanno di conseguenza ripercussioni crescenti anche sui settori e le attività umane. Le attuali variazioni del clima e quelle attese per il futuro, possono infatti compromettere l’equilibrio ecologico degli ecosistemi, dal momento che le condizioni climatiche medie, principalmente rappresentate dalle temperature intra-annuali e dal ciclo delle precipitazioni, influenzano direttamente la distribuzione, l’abbondanza e le interazioni tra gli organismi viventi.

Nel corso della lunga storia della ricerca delle relazioni tra il clima e le diverse comunità biologiche della Terra, numerose variabili climatiche e/o i relativi indici derivati da esse, sono state definiti, calcolati e utilizzati per descrivere la distribuzione geografica delle popolazioni naturali per determinate zone climatiche, caratterizzate da diversi pattern intra-annuali di temperatura e precipitazioni. Tali variabili e indici sono noti come indicatori bioclimatici. Si tratta essenzialmente di parametri , osservati o ottenuti dai modelli, che contribuiscono a delineare la nicchia bioclimatica, in termini di condizioni ambientali favorevoli o più adatte alla presenza di una determinata specie.

Lo studio diretto dalla Fondazione CMCC e pubblicato di recente sulla rivista “Nature Scientific Data” presenta un nuovo dataset globale, gratuito e liberamente accessibile online, di 35 indicatori bioclimatici con risoluzione spaziale di 0.5°, per ricostruire le nicchie climatiche attuali e del futuro. “Il nostro obiettivo era di ampliare la disponibilità di dati bioclimatici per valutazioni sempre più accurate degli impatti futuri e storici dei cambiamenti climatici”, spiega Sergio Noce, ricercatore della Fondazione CMCC e primo autore dello studio. Esperto di dinamiche ed ecosistemi forestali, le sue ricerche si focalizzano sull’analisi della distribuzione spaziale delle specie forestali in relazione al cambiamento climatico. “I nostri dati si applicano a un gran numero di discipline diverse, dall’ecologia alla conservazione della biodiversità, alla gestione delle risorse forestali e vegetali, alla biogeografia. In generale, possono essere utili in tutti quegli studi che utilizzano un approccio di modellistica per determinare gli areali di distribuzione delle specie. Considerato inoltre il livello di risoluzione spaziale del nostro dataset, possiamo affermare che si rivela particolarmente utile per studi a livello globale, o su scala continentale, per esempio per regioni come il Mediterraneo o la Russia – e proprio per la Russia il CMCC aveva utilizzato l’attuale dataset appena presentato per studiare gli effetti del riscaldamento globale sulla regione, attraverso una prospettiva biogeografica”.

Ma di che cosa si occupano di preciso i biogeografi, e perché gli indicatori bioclimatici sono così importanti? Come spiega Noce nel suo articolo su “Nature, Behind the Paper”, “la biogeografia studia la distribuzione spaziale delle specie e degli ecosistemi, e le relazioni tra queste comunità e, per esempio, le condizioni climatiche: gli indicatori bioclimatici sono delle variabili di sintesi in grado di descrivere queste condizioni. Gli areali di distribuzione delle specie si modificano da sempre, potremmo fare moltissimi esempi di specie che sono “migrate” nel corso di migliaia di anni verso condizioni climatiche più favorevoli, ampliando o riducendo il proprio areale di distribuzione. Per fare un esempio, il nocciolo al termine  dell’ultimo periodo glaciale era presente solo in alcune stazioni dell’Europa meridionale; man mano che il clima diventava più caldo, ha cominciato a diffondersi anche verso nord, arrivando fin sulle Alpi, e quindi diffondendosi in tutta Europa. Con i cambiamenti climatici, stiamo assistendo a un’accelerazione incredibile di questo fenomeno, e per questo motivo arrivare a prevedere con sempre maggior accuratezza le nicchie climatiche, e quindi arrivare a capire come le varie specie potrebbero vedere realizzate le loro condizioni ambientali e climatiche ottimali, oppure potrebbero vederle perse, è sempre più di cruciale importanza.” 

Il nuovo dataset della Fondazione CMCC, denominato CMCC-BioClimInd, contribuirà a perseguire questo obiettivo, fornendo un set di ben 35 indicatori bioclimatici, calcolati sia per un intervallo storico di 40 anni, che per due orizzonti temporali futuri, ottenuti, rispettivamente, da rianalisi climatiche e da un ensemble di 11 simulazioni climatiche del Coupled Model Intercomparison Project Phase 5.

Il nuovo dataset di indicatori bioclimatici della Fondazione CMCC sarà pertanto molto utile per gli studi di un’ampia comunità scientifica impegnata nel riprodurre e modellare, rispettivamente, gli attuali e i futuri areali di distribuzione attraverso un approccio SDM, per il quale sono necessari grandi quantità di dati ambientali, e in special modo climatici, sempre aggiornati e di alta qualità.

“Da un lato”, conclude Sergio Noce, “la possibilità di avere a disposizione degli indicatori al posto di semplici variabili climatiche consente di stabilire più facilmente le relazioni tra le diverse problematiche analizzate e la nicchia climatica, fornendo un supporto nel prendere decisioni su questi sistemi complessi; dall’altro, utilizzare un ensemble climatico come quello del nostro studio permette di tener conto della variabilità delle diverse simulazioni, dovuta alla diversa fisica dei modelli e ai percorsi di sviluppo futuri incerti”.

Il lavoro è tutt’ora in corso e in futuro i ricercatori CMCC si augurano di mantenere CMCC-BioClimInd sempre aggiornato, aggiungendo ulteriori simulazioni e risultati dei modelli.

I dati dei singoli indicatori sono online e disponibili per il download nel formato Network Common Data Form 4, all’interno del Data Delivery System del CMCC, un portale per l’accesso continuo a tutti i dati prodotti e utilizzati dal CMCC, di recente rilasciato pubblicamente online.

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